Monumento Galbiati
Scultore: Enrico Butti
Anno di costruzione: 1885
Ubicazione: Edicola G ponente superiore, nicchia 7
Sebbene collocata in un angolo dell’edicola G della sezione di ponente delle gallerie superiori, la sepoltura Galbiati cattura subito lo sguardo del visitatore. Fratres sumus (Siamo fratelli) è il titolo di quest’opera che interpreta la nota parabola del Figliol Prodigo. Sul fronte, poggia su un sarcofago in pietra di Sarnico, un gruppo scultoreo in marmo di Carrara dall’esplicito linguaggio verista. Un giovane dalla posa plastica, il figlio del racconto biblico, supplica pentito il padre che viene qui rappresentato come un Cristo giudice dall’atteggiamento severo ma misericordioso; egli infatti posa la mano destra sul capo del giovane, accordando così il suo perdono. Alle loro spalle un ardito scorcio prospettico dà profondità alla scena. Sulla base, un bassorilievo in bronzo, mostra i fedeli ritratti di tre componenti della famiglia Galbiati, una donna a sinistra, un ragazzo al centro e un uomo barbuto sulla destra. Alla morte della moglie, Giacomina Sironi, avvenuta nel dicembre 1884, il marito Gaspare Galbiati (1808-1889), vicepresidente della Società di Mutuo Soccorso degli operai milanesi e imprenditore serico, proprietario a Milano, in via Nerino, di una fabbrica di veli ricamati, sete e tessuti, commissionò la sepoltura di famiglia. Il progetto fu approvato nel luglio 1885, anno di realizzazione. In questo periodo il figlio della coppia, Guido, aveva poco meno di venti anni d’età; è il suo viso tra quelli dei genitori che compare scolpito sul rilievo bronzeo, opera di Butti, autore dell’intero monumento funebre e dei due busti in marmo dei coniugi Galbiati abbigliati alla moda dell’epoca ospitati nella cripta sottostante.
Enrico Butti (1847-1932), scultore e pittore varesotto, si formò a Milano presso l’Accademia di Brera, sotto la guida di Pietro Magni (1816-1877) dove, a partire dal 1893, divenne a sua volta professore di scultura. Esponente del linguaggioverista aggiornato sulle novità formali scapigliate e poi sensibile ai richiami del simbolismo, Butti lascia al Cimitero Monumentale di Milano numerose opere. Si vedano ad esempio tra le altre, l’imponente edicola Besenzanica (Riparto VI, spazio 126) e l’intensa edicola per Isabella Casati (Riparto V, spazio 86).